di Fulvia Galli della Loggia
Accappona la pelle leggere le motivazioni della sentenza che ieri ha giudicato non colpevoli di stupro dei ragazzi di Firenze. Le ragioni dell’assoluzione si basano su le scusanti di: eccitazione dei ragazzi e abitudine culturale alla pornografia.
Questo contesto di NON CULTURA ha permesso loro di essere assolti. Ragioni che non gli hanno permesso, poverini, di rendersi conto che la loro compagna di scuola non era “consenziente”. Se poi a tutto ciò si aggiunge l’ulteriore giustificazione che LEI aveva un passato (14 anni allora) di “condotta disinvolta”, allora il gioco è fatto: non colpevoli loro, colpevole lei di aver inscenato un dramma esagerato…
Ormai è chiaro che il lasciapassare maschile ruota intorno alle parole “consenziente” e “condotta”. Non importa quanti NO io possa sussurrare o urlare, ciò che conta è che di fatto “dici no, ma in realtà, sotto sotto, lo vuoi e ti piace…”
Mi rivolgo a tutte noi donne, a chi potrà mai piacere essere violentata da chicchessia? Chi potrà mai godere in quegli attimi di terrore, dolore e infinita umiliazione? Chi potrà mai essere titubante o poco esplicita nel rifiutare un destino di morte dell’anima?
Ma il nostro No non conta. Conta mille volte di più la voglia e la perversione degli altri. Dobbiamo urlare al mondo che il NO È NO! E non nasconde un sì!
Credo che ogni madre, sorella, figlia, nonna e zia debba sentire il compito di insegnare al genere maschile, fin dalla culla, che il No di una donna è No, in qualsiasi contesto, e va rispettato in quanto tale!
Purtroppo sembra che nel nostro Paese il no di una donna sia un no leggero, passeggero, destinato a trasformarsi in sì con poca o tanta -TROPPA insistenza da parte dell’uomo. Ed anche se ho detto mille sì quel solo, piccolo No, anche a fior di voce, non è insignificante, ma VALE.
Quanti no abbiamo detto che sono stati presi per sì? Inascoltati e sottovalutati. Perché tanto, come dice G., lo stupratore del romanzo autobiografico X di Valentina Mira, “Voi donne dite no e intendete sì, lo sanno tutti”.
Ma quale parità sarà mai possibile per noi donne che ancora viviamo ancorate nel “Paese della lingua del Sì”? di dantesca memoria.