di Fulvia Galli della Loggia
Che fine ha fatto l’anima, il desiderio di andare verso la luce? Perfino la parola anima sembra essere fuori moda ai giorni d’oggi.
Quel soffio di infinito, quella goccia di immortalità, quell’anelito verso l’oltre che per secoli sembrava aver luogo negli uomini, seppur nascosta in meandri sconosciuti, sembra essersi ormai dileguata. Sparita, annullata, schiacciata da una realtà che ha persino pudore a nominarla.
Eppure l’anima, ricacciata nelle pieghe del dolore e nelle sofferenze di questa umanità che ha perso la coscienza e il senso di sé, reclama di essere riscoperta, scrollata da polvere e naftalina per tornare a essere tra noi, fiammella di riscatto del nostro essere così miseramente mortali.
E allora in questa follia di violenza ed insensibilità quotidiana a cui ci siamo assuefatti, in questo correre senza sosta bombardati da immagini e informazioni, perché non proviamo a trovare anche
solo un minuto al giorno per riscoprirla dentro ognuno di noi?
Ma non scambiamo, però, leggerezza ed evasione con lo spazio dell’anima, che è spazio profondo di sguardo, ricerca interiore di senso e sentimenti. Accarezziamo la nostra anima, anche solo un attimo al dì, come una prescrizione medica. Sarà un respiro e un conforto per riconnetterci all’umano in sintonia con l’universo.
Eppure mi chiedo: quanti di noi sentono ancora vivo in sé il desiderio di contrastare la forza dell’annichilimento del presente che ci schiaccia in sembianze umane, automi isolati e insensibili a
noi stessi e agli altri?